La riforma Cartabia ha introdotto importanti modifiche che hanno interessato anche i procedimenti in materia di persone, minori e famiglia.
Una delle novità prevede che negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale le parti possano proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio (quest’ultima procedibile decorso il termine previsto dalla legge e previo passaggio in giudicato della sentenza di separazione).
Si tratta di un’innovazione rivoluzionaria che consente ai coniugi di proporre nel medesimo procedimento entrambe le domande con un risparmio di energie processuali, in considerazione del fatto che alcune domande (così come i relativi accertamenti) sarebbero comuni ad entrambi i giudizi (per esempio l’assegnazione della casa, il collocamento dei figli ed la determinazione del contributo di mantenimento della prole).
Tale facoltà è stata indicata nell’art.473 bis-49 (nel quale si fa riferimento ai procedimenti contenziosi) mentre non risulta espressamente richiamata nel successivo art.473 bis-51 (relativo ai procedimenti su domanda congiunta).
Nell’immediatezza dell’entrata in vigore della riforma, i Tribunali hanno assunto orientamenti difformi, concludendo in alcuni casi per l’ammissibilità del cumulo delle domande e in altri per il rigetto della domanda.
Nello specifico, il Tribunale di Milano a fronte del deposito di un ricorso per separazione consensuale con contestuale richiesta di pronuncia del divorzio, con sentenza depositata in data 5 maggio 2023, ha dichiarato la separazione personale dei coniugi omologando le condizioni concordate dai medesimi (in merito all’affidamento dei figli ed al loro mantenimento) ed ha rimesso la causa sul ruolo per la successiva pronuncia della sentenza di divorzio, decorso il termine di sei mesi previsto dalla legge (termine decorrente dal deposito delle note scritte con le quali le parti hanno confermato di volersi separare). Il Tribunale ha stabilito che, decorso il predetto termine (e previo passaggio in giudicato della sentenza) il Giudice dovrà semplicemente acquisire un’ulteriore dichiarazione sottoscritta dalle parti di conferma di voler ottenere il divorzio alle condizioni indicate nel ricorso. Altri Tribunali, tra cui Genova, Vercelli e Lamezia Terme hanno aderito a detto orientamento mentre in senso contrario si sono espressi, tra gli altri, i Tribunali di Bari, Firenze e Padova.
A fronte della difficoltà interpretativa, la questione è stata sottoposta alla Corte di Cassazione che, con sentenza n.28727 del 16 ottobre 2023, ha ritenuto ammissibile il cumulo delle domande di separazione e divorzio anche nei procedimenti congiunti. La sentenza di legittimità, ha statuito che: “da un punto di vista sistematico, con riferimento ai principi generali, non si rinvengono ostacoli alla ammissibilità del cumulo anche con riferimento alle domande congiunte di separazione e divorzio: la trattazione della domanda congiunta di divorzio sarà condizionata all’omologazione (con sentenza passata in giudicato) della separazione consensuale, oltre al decorso del termine minimo di separazione (sei mesi) previsto dalla legge”. Inoltre, la Suprema Corte in sede di interpretazione della norma e nell’ottica della ratio della stessa riforma, ha concluso che: “trovare tra le parti, a fronte della irreversibilità della crisi matrimoniale, in un’unica sede. un accordo complessivo sia sulle condizioni di separazione che sulle condizioni di divorzio, concentrando in un unico ricorso l’esito della negoziazione delle modalità di gestione complessiva di tale crisi, disciplinando una volta per tutte i rapporti economici e patrimoniali tra loro e i rapporti tra ciascuno di essi e i figli minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti, realizza indubbiamente un <<risparmio di energie processuali>> che può indurre le stesse a far ricorso al predetto cumulo di domande congiunte”.
L’opportunità di far ricorso alla proposizione di entrambe le domande va valutata caso per caso e potrebbe rivelarsi vantaggiosa sia laddove la situazione sia tale da far ritenere che in sede di divorzio le condizioni rimarrebbero invariate, sia nel caso in cui le parti dovessero stabilire preventivamente una modifica delle condizioni in sede divorzile a fronte, per esempio, alla successiva definizione dei loro rapporti economico-patrimoniali.
Va, infine, precisato che, come riportato nella predetta sentenza del Tribunale di Milano,“la modifica unilaterale delle condizioni sarà ritenuta ammissibile solo in presenza della valutazione di fatti nuovi”; pertanto, laddove la situazione di una o di entrambe le parti dovesse nel frattempo cambiare e le condizioni inizialmente concordate non dovessero essere confermate, le parti dovranno necessariamente raggiungere un nuovo accordo che consenta loro di depositare nuove condizioni congiunte.